martedì 12 aprile 2011

“Il Libro Eterno” intervista: Riccardo D’Anna

Riccardo D’Anna è nato nel 1962 a Roma, dove vive e lavora.
Saggista e scrittore, ha pubblicato Una stagione di fede assoluta (PeQuod, 2006) e Saint-Ex (Avagliano, 2008).
Nel 2011 ha pubblicato “La figura di cera” con la Gargoyle Books.

Riccardo è stato così gentile da rispondere alle domande di questa intervista

Ciao Riccardo e benvenuto nel blog “Il libro eterno”, ti va di presentarti ai lettori?
È difficile farlo senza apparire banali o supponenti: io cerco di inventare il mondo da una terrazza alla periferia di Roma ma, alla luce di una società dell'immagine sempre più affermata e delle grandi trasformazioni multimediali, mi chiedo sempre più frequentemente se la letteratura, che gareggia con armi spuntate, possa costituire ancora un'assunzione di responsabilità e un modo per raccogliere la nostra vita.

Quando è nata la tua passione per la scrittura?
Una stagione di fede assolutaIn origine c'è sempre un sogno fatto da bambini… Scrivere in fondo è come pensare di fare il vigile del fuoco
o il pilota di Formula Uno. Ora che i festival di letteratura e la cultura televisiva tendono a fare degli scrittori dei personaggi pubblici (se non addirittura delle star), si è divaricato molto il compasso fra un'attività, ch'è faticosa e solitaria per antonomasia, e un "dover essere" spesso sproporzionato e sopra le righe. Sono molte, e molto diverse, le ragioni che spingono verso la scrittura. Io scrivo principalmente sull'assenza e sulla morte, con un senso di rimorso, per cercare di capire di cosa si componga e sia fatta l'esistenza.

Saint­ExQuali sono i tuoi autori di riferimento?
Gli scrittori che si amano spesso sono una trappola per chi scrive. In genere preferisco i dispari, dimenticati sulla mensola del cànone: fra gli italiani Kaputt di Malaparte, Enrico Emanuelli e Quarantotti Gambini, Tempo di uccidere di Flaiano, Diceria dell'untore di Bufalino, Il cardillo addolorato della Ortese, Danubio e Microcosmi di Magris, Lettere a nessuno di Moresco.
Il mare di John Banville, Vergogna di Coetzee e Netherland di Joseph O'Neill sono fra i migliori romanzi degli ultimi decenni.
Ho una lunga consuetudine con i giapponesi: da Kawabata a Kenzaburō Ōe, fino a Yoko Ogawa: una scrittrice ossessionata dalle amputazioni (reali e metaforiche) della vita, che illumina quello che tocca e da servire fredda.
Se dovessi privilegiare la brillantezza dei dialoghi sceglierei Quella sera dorata di Peter Cameron e In villa di Somerset Maugham.
Per riconciliarsi con il romanzesco sceglierei Amos Oz (Una storia d'amore e di tenebra), Il testamento francese di Andreï Makine, Soldati di Salamina di Javier Cercas, Un cuore così bianco di Marías, Leviatan di Julien Green.
Su luci e ombre legate al tema dell'assenza e dell'abbandono rammenterei Il giunco mormorante della Berberova e quel piccolo capolavoro che è L'anno del pensiero magico di Joan Didion. Ma anche Al pianoforte di Jean Echenoz. Non amo sperimentalismi e parole montate insieme per affascinare: il cubo di Rubik della lingua ruota oliato in Retablo di Vincenzo Consolo.
A chi desideri comprendere i meccanismi del potere, fra luci e ombre consiglierei Il Sole offuscato di Paul Morand.
Accanto al camino rileggerei Conan Doyle, Cornell Woolrich, Richard Matheson o i primi romanzi di Stephen King.
Fra i libri che restano, quelli che costituiscono uno spartiacque (un «prima» e un «dopo»), citerei alla rinfusa Terra degli uomini di Saint-Exupéry, Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler, L'educazione sentimentale di Flaubert, La notte di Wiesel, Primo Levi, Musil, Céline, Gogol, l'ultimo Philip Roth (da Patrimonio a Nemesi).

Ci vuoi parlare del tuo romanzo “La figura di cera”?
Non è per schermirmi, ma mi è sinceramente difficile parlare di ciò che scrivo. Posso dirti che il romanzo è nato come una sfida. Sono considerato uno scrittore "difficile", e volevo mettermi alla prova, principalmente con me stesso. Vedere insomma se fossi stato in grado di misurarmi con il romanzo di genere da una particolare angolazione…

Quanto tempo hai dedicato al lavoro di “ricostruzione storica” all’interno della trama? Hai effettuato delle ricerche?
Nasco come saggista: ricerca e documentazione per risolvere alcuni particolari o i dettagli di scenari in cui i personaggi sono messi in campo e fatti agire sono, forse, l'unica parte divertente nella stesura di un romanzo. Ho letto molto, naturalmente, riguardo a quegli ambiti che conoscevo meno o solo di sfuggita, come il nazismo magico o la Golden Dawn…

C'è un personaggio a cui ti sei particolarmente affezionato?
Non ho dubbi: Peggy Guggenheim. Ho letto moltissimo anche sulla sua vita e l'ho trovata una donna di straordinario fascino (per intelligenza della sensibilità e personalità magnetica forse potrei accostarle Palma Bucarelli, Leonor Fini, Frida Kahlo…)

C’è qualche aneddoto legato alla scrittura de “La figura di cera” che vorresti raccontare?
Ma, sai, i romanzi si scrivono intrecciando i ricordi, sia letterari (di letture fatte o film visti, voglio dire…) sia di vita vissuta. Il particolare del padre di Tyrrel, che strappa le pagine dei tascabili dopo averle lette, l'ho ricavato dai ricordi familiari di una persona che mi è cara (suo nonno aveva questa abitudine…). Quando decisi di scrivere il romanzo, andai a cena con Paolo De Crescenzo (l'editore) in una vecchia osteria romana. Nel romanzo Anthony e Piers vanno a mangiare un boccone a Berlino, e così ho chiamato il locale con lo stesso nome in ricordo di quella serata…

Hai pubblicato il tuo romanzo con la Gargoyle Books, come ti sei trovato con questa casa editrice?
Era già da anni che Paolo mi chiedeva di cimentarmi con un libro di genere… Finita la stesura non ho dovuto far altro che consegnarglielo, evitando le defatiganti trafile e i monumentali silenzi delle case editrici. Qualcosa di simile a un sogno…

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho tre libri finiti nel cassetto, di cui due scritti prima della Figura di cera: uno dovrebbe uscire nel prossimo autunno. Progetti, in questo lavoro, è bene non farli: la buona sorte, se deve arrivare, arriva quando meno te lo aspetti… L'importante è non arrendersi. Continuare a scrivere accumulando rifiuti, nonostante tutto.

Vuoi aggiungere qualcosa prima di salutarci?
Voglio ringraziarti, e con te i lettori, per l'attenzione che hai voluto dedicare al mio lavoro.

Grazie a te Riccardo!

Questa è la trama de "La figura di cera"

Londra 1958. Una serie di misteriosi suicidi preludono alla riapertura di un caso risolto forse solo in apparenza, denso di preoccupanti e inaspettati sviluppi. La scomparsa dalla tomba di una marchesa caduta in disgrazia, da poco defunta fra le mura di un appartamento londinese – donna dall’indiscutibile fascino, musa ispiratrice di D’Annunzio, appassionata di occultismo e interprete dei brillanti riti della belle époque – muove i protagonisti, in una corsa contro il tempo, alla ricerca del suo calco di cera da cui ella avrebbe potuto riattingere vita. Dopo un incontro a Venezia con Peggy Guggenheim, i nostri eroi si vedranno costretti a recarsi a Berlino, in una citta' che mostra ancora le ferite della guerra e dove sopravvivono gli ultimi scampoli di quelle societa' segrete che furono legate ai presupposti oscuri e alle origini magiche del nazismo.


  • Titolo: La figura di cera
  • Autore: Riccardo D'Anna
  • Editore: Gargoyle Books
  • Data di Pubblicazione: 2011
  • ISBN: 9788889541531

Nessun commento:

Posta un commento